Nuovo colpo di scena nella vicenda del software-spia Graphite. A quanto apprende l’ANSA da fonti dell’Intelligence, l’Intelligence italiana e Paragon Solutions – l’azienda produttrice – hanno concordato di sospendere l’operatività del sistema fino alla conclusione della procedura di due diligence condotta dal Copasir e dall’Agenzia nazionale per la cybersicurezza.
La novità arriva due giorni dopo che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva assicurato – rispondendo al question time della Camera – che “nessuno ha rescisso in questi giorni alcun contratto nei confronti dell’intelligence. Tutti i sistemi sono stati e sono pienamente operativi contro chi attenta agli interessi e alla sicurezza della Nazione”.
Era stato il Guardian, nei giorni scorsi, a scrivere che Paragon aveva rescisso il contratto con l’Italia dopo la notizia che lo spyware era stato utilizzato per sorvegliare il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato e l’attivista di Mediterranea saving humans. Ciriani aveva spiegato che le agenzie di intelligence utilizzano il sistema rispettando “nel modo più rigoroso la Costituzione e le leggi e, in particolare, la legge 3 agosto 2007, n. 124. Questo rigoroso rispetto vale anzitutto verso i soggetti specificamente tutelati da tale legge, in primis i giornalisti. Tutto ciò avviene sotto il controllo, ciascuno per la sua parte, dell’Autorità delegata, del Copasir e della magistratura”. Proprio il Copasir ha avviato un approfondimento sul caso, sentendo il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli. Mercoledì toccherà al direttore dell’Aisi, Bruno Branciforte. Il governo ha poi attivato l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, affinché svolga le verifiche tecniche su quanto riscontrato da Whatsapp che ha trovato 7 utenze italiane (sulle 90 totali) infettate dal virus. E si è mossa anche la procura di Palermo che ha ricevuto l’esposto di Casarini sul suo dispositivo hackerato, con l’ipotesi di reato di “accesso abusivo a sistema informatico”. Paragon, a quanto emerso, vende Graphite soltanto ad entità governative. C’è stata così – alla luce degli ultimi eventi- un’interlocuzione tra l’intelligence italiana e l’azienda – di proprietà di un fondo americano dopo essere stata fondata in Israele – che ha portato alla decisione di sospendere temporaneamente l’operatività del sistema. Intanto emerge che il nome di David Yambio, attivista sudanese accusatore di Almasri e vittima dello spyware di Paragon, sarebbe agli atti di un’inchiesta della procura di Palermo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
E’ Il Giornale a pubblicare stralci di una comunicazione di polizia all’intelligence datata 6 maggio scorso in cui si informa che “la procura distrettuale di Palermo ha recentemente iscritto nel registro degli indagati” Yambio e due connazionali perchè “indiziati del reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Dunque le utenze del sudanese e di Casarini, è l’ipotesi, sarebbero state controllate nell’ambito di un’indagine della procura siciliana. I due reagiscono. “Sostengono – afferma Yambio – che lo spyware rilevato sul mio telefono era una ‘penetrazione legale’ perché ero sotto inchiesta per aver collaborato con Mediterranea. Ma questa cosiddetta indagine non esiste. Nessuna forza dell’ordine, nessuna autorità giudiziaria mi ha mai notificato alcuna indagine. Questa non è altro che una campagna diffamatoria”. Gli fa eco Casarini: “mai ho ricevuto notizie di indagini per questo tipo di reato dalla procura e mai ne hanno ricevuto altri membri di Mediterranea. Ma sarà facile averne anche le prove: lo chiederò formalmente e per vie legali”.
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