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Borsa: la settimana dell’Immacolata, ecco i market mover

di Redazione Espresso Italia
08/12/2025
Borsa: la settimana dell’Immacolata, ecco i market mover

Si annuncia ricca di dati macro la settimana dei mercati che si apre l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione. L’attesa è per mercoledì 10 dicembre, quando la Federal Reserve si pronuncerà sul taglio o meno dei tassi che la maggioranza degli osservatori e degli operatori ritiene probabile e nell’ordine dei 25 punti base. Nel frattempo, ad avviare la girandola di informazioni utili per dare indicazioni agli investitori sarà la Cina, proprio l’8 dicembre, quando renderà noti i dati sulla bilancia commerciale che rappresentano un indicatore chiave per la domanda globale, con possibili riflessi su materie prime e titoli ciclici. Lo scorso ottobre aveva registrato un surplus di circa 90 miliardi, in calo rispetto al mese precedente.

Europa e Usa

Sul fronte occidentale, in Europa, le sale operative, comprese quelle legate al mercato di Piazza affari che il giorno dell’Immacolata resta aperto, puntano il radar sulla Germania. Non a caso. Secondo un report di Anima, resta modesta la crescita in Area Euro e le prospettive per l’anno prossimo dipenderanno in maniera marcata dalla Germania, che sta cercando di sollevarsi dalla stagnazione portando avanti investimenti e riforme, come quella recente sulle pensioni. Così alle 9 il paese guidato da Joachim-Friedrich Martin Josef Merz renderà noto il dato sulla Produzione industriale, quello che viene considerato da più parti il termometro vero della manifattura dell’Unione europea. Un dato capace di impattare sulla piazza di Francoforte e sull’Euro. In America sarà diffuso l’indice sulla fiducia manifatturiera antenna che anticipa il sentiment Pmi.
Martedì 9 dicembre: Cina, Usa e Uk
Si inizia con l’inflazione in Cina (Cpi e Ppi). L’impatto potrebbe esserci sui mercati asiatici, ma se si associa l’andamento del costo della vita al dato della bilancia commerciale diffuso proprio il giorno dell’Immacolata Concezione, cioè l’8 dicembre, ecco che allora diventano due i dati fondamentali per titoli ciclici, commodity ed export europeo. C’e’ poi la diffusione del dato del Regno Unito sulla disoccupazione che, se fuori dalle attese, potrebbe riservare riflessi. Gli analisti hanno ben chiaro i dati diffusi lo scorso novembre, quando il tasso di disoccupazione ha toccato il 5% ed è diventato il più alto degli ultimi 4 anni e che si è andato a sommare a una situazione complessa, tra tassi relativamente alti (4%) e calo delle buste paga. E sempre il 9 dicembre sono attesi, prima che si pronunci la Fed, i dati relativi all’indagine sulle offerte e turnover del lavoro (Job Openings and Labor Turnover Summary) di ottobre. Dato nel radar della stessa Fed chiamata il giorno dopo a decidere sul taglio dei tassi.
Mercoledì 10 dicembre: Usa
Mercoledì 10 è targato tutto a Stelle e Strisce. C’è appunto la decisione della Fed, certo e, se come si aspettano gli investitori di mezzo mondo, Powell deciderà davvero di tagliare i tassi di 25 pb, allora le sale operative potrebbero dare il via al cosiddetto rally azionario di Natale. Ma oltre al taglio la massima attenzione andrà anche a quello che dirà il governatore su inflazione, occupazione e considerazioni varie. E prima che il governatore di pronunci, sempre dagli Usa, arriverà l’indice dei prezzi alla produzione (Ppi), considerato un anticipatore dell’inflazione core, un dato che impatta sui titoli di Stato emessi dal governo Usa.

Giovedì 11 dicembre: Italia
Tocca all’Italia economica ad aprire le danze, con la diffusione dei dati sulla produzione industriale e quindi utili per capire lo stato di salute del settore manifatturiero della terza economia della zona euro.
Venerdì 12 dicembre: Ue, Uk, Usa
L’ultima giornata dell’ottava di contrattazione sui mercati vede diffondere dati macro da parte del Regno Unito, con il Pil mensile, che ha impatto diretto su Sterlina e Ftse 100
. Poi tocca all’Unione europea, con la produzione industriale che fa capire l’andamento della crescita dei 27 paesi aderenti e poi l’indice della fiducia dell’UNiversità del Michigan, cosndierato un termometro dei consumi americani, con possibili impatti su S&p 500 e dollaro. (di Lorenzo Carli)

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