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Famosi da morire, diventare star accorcia di 4 anni la vita dei cantanti

di Redazione Espresso Italia
26/11/2025
Famosi da morire, diventare star accorcia di 4 anni la vita dei cantanti

“Certe vite sfumano, veloci come le canzoni”. L’immagine poetica celebrata in un pezzo iconico da una star nostrana, Luciano Ligabue, è più reale che mai. A confermarlo è la scienza: di fama si vive e si muore, diversi anni prima rispetto a chi non ha mai sperimentato l’ebbrezza della notorietà. Per la precisione, sotto la luce abbagliante dei riflettori i cantanti che diventano star sembrano spegnersi in media circa 4 anni prima rispetto ai coetanei che non hanno raggiunto lo status di celebrity. E secondo gli autori dello studio pubblicato online sul ‘Journal of Epidemiology & Community Health’, proprio la fama potrebbe essere un fattore critico nell’accorciare loro la vita, al di là dei rischi del mestiere. E’ quanto i ricercatori dell’università Witten/Herdecke (Germania) hanno osservato nel lavoro condotto su celebrità di Regno Unito, Europa e Nord America.

Lo studio
Gli esperti osservano che gli effetti della fama sono paragonabili ad altri rischi per la salute. Come il fumo occasionale, che comporta un rischio di morte più elevato del 34%. Ricerche precedentemente pubblicate indicavano già che i cantanti famosi tendono a morire prima del loro grande pubblico. Ma non è chiaro se sia la notorietà in sé, le esigenze dell’industria musicale o lo stile di vita associato all’essere un musicista a contribuire a questo rischio elevato. Per far luce su questo enigma, i ricercatori hanno confrontato retrospettivamente il rischio di morte di 648 cantanti, metà dei quali aveva raggiunto lo status di celebrità e l’altra metà no. Ciascuna delle 324 star è stata confrontata con i colleghi meno noti in base ad anno di nascita, sesso, nazionalità, etnia, genere musicale e status di cantante solista/principale in una band.
La maggior parte (83,5%) era di sesso maschile e l’anno medio di nascita era il 1949, ma la fascia di età variava dal 1910 al 1975. Oltre la metà dei cantanti (61%) proveniva dal Nord America, mentre i restanti dall’Europa/Regno Unito. La gran parte era bianca (77%), con solo il 19% di etnia nera e il 4% di altre etnie o di etnia mista.I cantanti più a rischio

E la maggioranza apparteneva al genere rock (65%), seguito da R&B (14%), pop (9%), new wave (6%), rap (4%) ed elettronica (2%). Oltre la metà dei cantanti (59%) faceva parte di una band; il 29% era un solista e il 12% si esibiva sia da solista che in una band.
Il campione di cantanti famosi è stato estratto dalla ‘Top 2000 Artists of All Time’, database che aggrega classifiche globali basate su elenchi pubblicati da critici musicali, giornalisti e professionisti del settore, ma non su sondaggi del pubblico o dati di vendita. Sono stati inclusi solo gli artisti attivi dopo il 1950 e prima del 1990, per raccogliere informazioni sufficienti sul rischio di morte entro la fine di dicembre 2023.
L’analisi dei dati ha mostrato che, in media, i cantanti famosi sopravvivevano fino all’età di 75 anni, mentre quelli meno famosi arrivavano fino all’età di 79 anni.
La band protegge. Anzi, noSebbene l’appartenenza a una band fosse associata a un rischio di morte inferiore del 26% rispetto a chi cantava da solo, l’inclusione di questa variabile non influenzava l’effetto complessivo della fama, poiché i cantanti famosi avevano comunque il 33% di probabilità in più di morire prima rispetto ai loro colleghi meno noti. Solo 2 (0,6%) delle star hanno raggiunto la fama postuma. Il rischio elevato di morte nei casi analizzati è iniziato solo dopo aver raggiunto la fama ed è rimasto significativamente associato per tutto il periodo della vita da celebrità.
Ciò suggerisce, ragionano gli autori, che l’aumento del rischio di morte non è attribuibile a differenze di base o a una causalità inversa per cui una morte precoce contribuisce alla fama, ma che questo rischio emerge specificatamente dopo il raggiungimento della fama. “Il che – spiegano – evidenzia la fama come un potenziale punto di svolta temporale per i rischi per la salute, inclusa la mortalità. Oltre alle spiegazioni occupazionali, i nostri risultati suggeriscono che la fama aggiunge ulteriore vulnerabilità all’interno di un gruppo già a rischio”.
Le conclusioni
Gli autori puntualizzano che si tratta di uno studio osservazionale e, in quanto tale, non è possibile trarre conclusioni definitive su un rapporto di causa-effetto. Si precisa anche che il campione di studio non era globale e si limitava ai cantanti, il che significa che tali osservazioni potrebbero non essere applicabili ad altre regioni del mondo o ad altri ambiti della fama, come la recitazione o lo sport.
Ma una possibile spiegazione di questi risultati potrebbe risiedere nello “stress psicosociale unico che accompagna la fama, come l’intenso controllo pubblico, la pressione dovuta alle prestazioni e la perdita della privacy”, ipotizzano gli studiosi. “Questi fattori di stress possono alimentare disagio psicologico e comportamenti di adattamento dannosi, trasformando la fama in un peso cronico che amplifica i rischi professionali esistenti”.
La notorietà porta una notevole sicurezza finanziaria, fattore che viene spesso associato a un invecchiamento sano. Ma in realtà dallo studio emerge che “essere famosi appare così dannoso da annullare qualsiasi potenziale beneficio associato a un elevato status socioeconomico. Ancora una volta, questo evidenzia la maggiore vulnerabilità” delle star, “indicando la necessità di una protezione e di un sostegno mirati per questa popolazione”.

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