Investigatori ed inquirenti hanno
effettuato oggi un nuovo sopralluogo nella casa di via Iglesias,
a Milano, dove la sera del 14 ottobre Pamela Genini, 29 anni, è
stata uccisa con più di 30 coltellate dall’ex compagno Gianluca
Soncin, il quale, dopo aver fatto copia delle chiavi nei giorni
precedenti, entrò nell’abitazione e tese un agguato alla
giovane.
Da quanto si è saputo, la nuova ispezione dei luoghi non ha
cambiato, in sostanza, il quadro delle indagini condotte dalla
Polizia e coordinate dall’aggiunta di Milano Letizia Mannella e
dalla pm Alessia Menegazzo. Al 52enne, in carcere e che non
rispose negli interrogatori, viene contestato l’omicidio
aggravato, tra l’altro, dalla premeditazione e dalla crudeltà.
Dalle testimonianze e dagli accertamenti con l’analisi delle
chat dei telefoni, era venuto a galla un rapporto “tossico”
fatto di violenze, soprusi e prevaricazioni, andato avanti per
oltre un anno e mezzo. Genini, poi, lo aveva lasciato, ma lui
continuava a minacciarla e a ripeterle che era “cosa sua”.
“Non sapevamo nulla di quello che lui le faceva purtroppo”,
aveva messo a verbale la madre. Mentre l’amico ed ex compagno di
Pamela, con cui la giovane era al telefono quando è stata
aggredita, aveva raccontato anche i timori della 29enne su
quelle chiavi. Lei gli aveva detto che Soncin aveva finto “di
stare male per poter restare in casa” di lei e probabilmente,
avendo la “disponibilità” delle chiavi, “in quella circostanza”
ne fece una copia. Elemento appurato nelle indagini con
l’individuazione del ferramenta.
“Questo è matto completamente non so che fare (…) Che
faccio?”, aveva scritto la 29enne all’amico, nell’ultimo
messaggio poco prima di essere uccisa da Soncin, quel giorno
partito appositamente da Cervia (Ravenna), dove viveva.
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