(di Francesco Gallo)
A Napoli si può sognare e riuscire a
volare anche quando si nasce nello stesso ambiente di Gomorra. A
dirlo non è uno qualsiasi ma Fortunato Cerlino che ha portato al
43° Torino Film Festival, ‘Avemmaria’, suo debutto tratto dalla
sua autobiografia “Se vuoi vivere felice”, edita da Einaudi nel
2018.
Si tratta di una storia di formazione che racconta l’infanzia di
Felice, interpretato dal figlio d’arte Mario Di Leva, e della
sua lotta per emanciparsi dal contesto di povertà e violenza in
cui è immerso. Felice però è un bambino particolare a cui non
mancano i sogni, come quello di fare il cantante neo melodico,
e dalla sua ha una maestra che crede nel suo talento, al
contrario della famiglia, e Felice una figura misteriosa, una
sorta di angelo custode interpretato da Salvatore Esposito.
Da quelle parti, “Chi è nato tondo nun pò murí quadrato”,
questo il tormentone del film e anche la premessa che indica
come per un ragazzino come Felice solo due destini sono
possibili: essere sopraffatto dalla miseria e dalla violenza o
avere fede nei suoi sogni.
Infine, nel cast di Avemmaria, prossimamente nelle sale con
Europictures, troviamo Marianna Fontana, Carmine Borrino, Franca
Abategiovanni, Cecilia Bertozzi, Giulia Coppini, Francesca
Colapietro, Armando Manfregola, Gabriele Di Gennaro e Gennaro Di
Colandrea.
“È stato un vero piacere sfidare gli spettatori e fargli
scoprire che oltre Gomorra c’è dell’altro – dichiara Cerlino -.
Non ho provato a fare un film di cronaca, ma a raccontare il
peso di sogni. I sogni salvano la nostra vita, ma chi sogna, chi
immagina, ne vive anche il peso. Il sogno ti indica il cielo, ma
volare significa rompere gli schemi, rompere un certo modo di
pensare e spesso questo è faticoso”.
“Mi sono preso del tempo prima di accettare – dice a Torino
Esposito – perché il mio personaggio doveva raccontare qualcosa
di molto sottile, qualcosa che spesso divide la gioia e il
dolore, l’amore e l’odio. Non è un film facile perché parla di
un momento delicato della vita di ognuno di noi. Insomma è un
film universale perché se tutti iniziassimo a fare pace con i
nostri demoni vivremo in un mondo migliore”.
Un’opera quella di Cerlino comunque pieno di simboli e
spiritualita : “Fin da bambino – dice il regista – non riuscivo
a non guardare il cielo. L’infinito non è una categoria astratta
ma una condizione della nostra realtà. Da giovanissimo ho letto
poi sia Bibbia e Corano e la figura di Cristo è davvero
straordinaria. Che dire poi che il tempo per la fisica
quantistica si piega e si può vivere così un momento in cui sei
giovane e anziano allo stesso tempo”.
Il film è dedicato alla maestra Giulia, l’insegnante incontrata
da Cerlino e a cui deve buona parte del suo percorso artistico.
“La maestra Giulia mi ha fatto girare lo sguardo con una
carezza. – afferma il neoregista – Esiste una membrana, un muro
invisibile che schiaccia queste provincie universali. I maestri
sono coloro che ti fanno mettere il dito su questo muro e ti
fanno vedere che è permeabile. Lei mi ha indicato il percorso
verso la Luna e mi ha detto che era possibile”.
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