Nel titolo, ‘Coexistence, my ass!’
film documentario di Amber Fares in concorso al 43/mo Torino
Film Festival e in sala con Wanted a gennaio-febbraio 2026, c’è
tutto il dramma dell’impossibile convivenza tra Israele e
Palestina.
Girato nell’arco di cinque anni, il film segue la vita di Noam
Shuster Eliassi, comica e attivista israeliana, mentre porta in
giro il suo spettacolo.
Figlia di madre ebrea iraniana e padre ebreo rumeno, Shuster
Eliassi è cresciuta a ‘Oasis of Peace’ comunità utopica
composta volutamente in parti uguali da ebrei e palestinesi,
dove sarebbe diventata “la vera e propria testimonial del
processo di pace israelo-palestinese” . Ma Noam resta presto
delusa dal tradizionale attivismo pacifista. Si dedica così
quindi alla stand-up comedy e attira rapidamente l’attenzione di
tutto il Medio Oriente.
Ma mentre la sua fama cresce, tutto intorno a lei va in pezzi e
la sua satira è sempre più cruda e pungente spingendo il
pubblico a confrontarsi con verità scomode.
Dice a Torino la regista di ‘Coexistence, My Ass!’, già
presentato in anteprima al Sundance dell’incontro con Noam:
“L’ho incontrata in un bar di Brooklyn nell’autunno del 2019. Si
era appena trasferita ad Harvard per una borsa di studio di un
anno, dove stava sviluppando uno spettacolo comico chiamato
Coexistence, My Ass! Lo spettacolo era in generale basato sulla
sua vita, ma era più specificamente uno sguardo satirico a
quella che Noam chiama ‘l’industria della costruzione della
pace’. Pensavo che la premessa fosse geniale, ma non avevo idea
se Noam fosse davvero abbastanza divertente da riuscirci.
Abbiamo deciso che sarebbe stato divertente realizzare un
cortometraggio sulle sue esperienze e sui suoi tentativi di
sfondare nel mondo della commedia statunitense. Inizialmente
pensavo che sarebbe stato breve e che avremmo entrambi
proseguito da lì”.
Ottimismo per futuro da parte della regista?
“Difficile essere ottimisti quando vediamo le forze in gioco.
Israele sta ancora attaccando entrambi, sia Gaza che il Libano,
e quindi è molto difficile essere ottimisti. Tuttavia Noam dice
spesso che la speranza è un lusso, ma anche perderla lo è. Penso
che oggi il mondo sia più consapevole di ciò che sta accadendo
ai palestinesi. E possiamo solo sperare che quel cambiamento,
quei cambiamenti, siano possibili in qualche modo, ma comunque
non riesco a dirmi ancora ottimista”.
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