(di Francesca Pierleoni)
Con tutti i reperti che si sono
trovati “si potrebbe aprire uno dei più importanti musei
archeologici a livello nazionale”. Lo dice in conferenza stampa
il procuratore di Catania Francesco Curcio per far comprendere
l’ampiezza della doppia operazione Ghenos- Scylletium,
effettuata oggi alle prime ore dell’alba dai Carabinieri del
Gruppo Tutela Patrimonio Culturale di Roma coordinati dalla
Procura Distrettuale di Catania e dalla Procura Dda di
Catanzaro, con il supporto dei Carabinieri sul territorio (oltre
200 i militari impiegati). Si è arrivati così al sequestro di
circa 12mila reperti archeologici, dal valore complessivo
intorno ai 17 milioni di euro.
Un’operazione per la quale sono state emesse 56 misure
cautelari verso persone, ritenute a vario titolo responsabili
dei reati di associazione per delinquere, violazione in materia
di ricerche archeologiche, impossessamento illecito di beni
culturali appartenenti allo Stato, impiego di denaro di
provenienza illecita, furto di beni culturali, ricettazione di
beni culturali, autoriciclaggio di beni culturali,
falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali,
uscita o esportazione illecita di beni culturali, contraffazione
di opere d’arte, e ricettazione. Le due indagini, condotte
parallelamente dai Nuclei Tpc di Cosenza e Palermo, hanno
trovato un punto di confluenza quando è emerso che una squadra
di “tombaroli” siciliana, comparsa nell’indagine “Ghenos”,
operava sia nella regione d’origine che in Calabria, in
collaborazione con gli indagati dell’indagine “Scylletium”. Da
qui la decisione di eseguire contemporaneamente le due
ordinanze. Fra i reperti sequestrati ci sono anelli, vasellami,
fibule e almeno 7mila monete antiche, riconducibili a diverse
tipologie di conio raro, di epoca greca e romana, emesse, fra
gli altri, nei territori della Magna Grecia e della Sicilia,
anche con esempi rarissimi di emissioni di monete in bronzo di
eccezionale importanza storico-culturale appartenenti alle
zecche di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa,
Panormos e Gela. “Queste persone erano specializzate nella
ricerca di monete – spiega il tenente colonnello dei Carabinieri
Diego Polio, Comandante del Gruppo Tutela patrimonio Culturale
di Roma – che loro poi restauravano in proprio. C’era anche chi
redigeva dei certificati falsi per attestarne l’autenticità e
consentire la vendita e l’esportazione”. Sono stati accertati
“67 scavi abusivi tra la Sicilia,la Calabria e altre regioni –
aggiunge il Pm Francesco Curcio – ed è stato possibile
ricostruire, grazie all’eccezionale lavoro dei Carabinieri
un’intera filiera illegale, che va dal tombarolo al venditore,
fino allo sbocco anche in importanti case d’aste in Italia e
all’estero, come in Gran Bretagna e Germania”. In Calabria il
gruppo criminale operava pure “allo scopo di agevolare la cosca
di ‘Ndrangheta chiamata ‘Arena’ che in tal modo consolidava
anche il controllo del territorio nell’area del Crotonese”
spiega il procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio. “Siamo
felici di aver potuto insieme alla magistratura dare un segnale
molto importante rispetto ad un fenomeno che purtroppo è diffuso
– sottolinea il generale Antonio Petti, che guida il comando
della tutela del patrimonio culturale dei carabinieri -.
Contrastarlo significa non soltanto sottrarre alla criminalità,
in questo caso anche organizzata, dei canali di finanziamento
illeciti ma fare giustizia portando alla fruizione del pubblico
ciò che costituisce patrimonio nazionale per sottrarre gli
appetiti economici di contesti illegali”
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