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Dal Guatemala al Green Heritage Project, la cultura in campo per il clima

di Redazione Espresso Italia
14/12/2025
Dal Guatemala al Green Heritage Project, la cultura in campo per il clima

La cultura non è solo un bene da
proteggere, ma una forza motrice essenziale per affrontare la
crisi climatica globale. Questo è il messaggio emerso con forza
dalla 34/a sessione dell’assemblea generale dell’Iccrom, che ha
ospitato l’evento “Nesso Cultura-Clima: l’anello mancante”.
   
L’incontro, moderato dalla direttrice generale dell’Iccrom Aruna
Francesca Maria Gujral, ha riunito ministri, diplomatici e
professionisti del patrimonio culturale per esplorare come
l’integrazione del patrimonio culturale nell’azione per il clima
e nella riduzione del rischio di catastrofi possa creare
percorsi più sostenibili.
   
Un risultato chiave della sessione è stato il riconoscimento
unanime che la cultura “deve muoversi dai margini al centro
della pianificazione climatica e della resilienza”. Ciò richiede
non solo un aumento degli investimenti, ma anche una
cooperazione intersettoriale e una sua integrazione diretta nei
quadri politici nazionali e internazionali.
   
Il Guatemala ha posto l’accento sul valore intrinseco della
terra: come affermato dalla ministra Liwy del Carmen Grazioso
Immacolata “la terra detiene un’identità viva, e la
rivitalizzazione delle pratiche ancestrali e dell’istruzione è
fondamentale per forgiare percorsi sostenibili”. Nel Pakistan,
nonostante il contributo minimo alle emissioni globali, il Paese
affronta gravi impatti, e la perdita di paesaggi dovuta a eventi
estremi significa anche “la perdita di memoria e identità
culturale”. Per contrastare ciò, il Paese sta integrando
attivamente il patrimonio culturale nella pianificazione
dell’adattamento climatico.
   
La Repubblica Dominicana, situata nella vulnerabile cintura
degli uragani, sta utilizzando la salvaguardia del patrimonio
come un “meccanismo vitale per sostenere i sistemi idrici, il
turismo sostenibile e la coesione comunitaria”, evidenziando il
ruolo cruciale della collaborazione interministeriale.
   
Per l’Unione Europea, l’ambasciatore Martin Selmayr ha affermato
che la cultura “deve svolgere un ruolo centrale nella politica
climatica”, citando come esempio iniziative come l’EU’s Green
Heritage Project, che collegano il patrimonio immateriale
all’azione per la riduzione delle emissioni di Co2.
   
Il Kenya sta investendo nel nesso cultura-clima, riconoscendo
che la conoscenza indigena è in grado di guidare la gestione
della siccità e la gestione forestale, essendo “inseparabile
dalla terra e dall’identità comunitaria”. Il Paese sta
rafforzando questa connessione anche tramite investimenti nel
patrimonio digitale.
   
L’Azerbaigian, con il programma Culture for Climate (C4C)
lanciato durante la sua presidenza Cop29, sta sfruttando
tradizioni, arte e patrimonio per “guidare il cambiamento
comportamentale e le soluzioni sostenibili”.
   
Infine, la Lettonia ha sottolineato come i rischi per i paesaggi
e il patrimonio costruito richiedano un’educazione precoce e la
ripresa di pratiche tradizionali di architettura e gestione del
territorio per il rafforzamento della capacità di risposta.
   
Impegno globale per il futuro
In conclusione, i partecipanti hanno raggiunto un accordo
fondamentale: “La cultura è il tessuto connettivo della
resilienza”, ancora l’identità, rafforza il capitale sociale e
sostiene le comunità di fronte all’escalation dei rischi
climatici. La riduzione del rischio di catastrofi e
l’adattamento climatico “non possono più essere affrontati in
modo isolato”, e la cultura è la forza che collega questi due
domini.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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