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Home Cultura

Omri Boehm, tra Palestina e Israele si metta l’umanità al centro

di Redazione Espresso Italia
07/12/2025
Omri Boehm, tra Palestina e Israele si metta l’umanità al centro

(di Chiara Venuto)
OMRI BOEHM, ‘UNIVERSALISMO RADICALE –
OLTRE L’IDENTITÀ’ (Traduzione di Claudia Tatasciore,
Marietti1820, pp. 160, 16 euro)
“L’universalismo radicale è l’idea che l’umanità deve essere
il fondamento delle nostre norme. Quindi, se parliamo di
diritto, di sovranità, di politica, ciò che dovrebbe guidarci è
l’idea di umanità e un certo dovere verso di essa. La legge deve
partire dalla protezione degli esseri umani in quanto tali, e
non dall’identità ebraica o palestinese: entrambe vanno
protette”. Il filosofo israeliano Omri Boehm spiega così
all’ANSA, in sintesi, il concetto alla base del suo libro
‘Universalismo radicale – Oltre l’identità’ (Marietti1820, pp.
   
160, 16 euro), che presenta a Più Libri Più Liberi.
   
Nel saggio, la riflessione parte dalla rilettura della
Dichiarazione di indipendenza americana, della narrazione del
sacrificio di Isacco e del saggio di Immanuel Kant sul
significato dell’illuminismo per offrire una via d’uscita al
dibattito sull’identità. “Anche quando la difendiamo, lo
dobbiamo fare perché sono gli esseri umani ad avere determinate
identità e non il contrario”, afferma l’autore, e l’idea
sionista per cui “l’emancipazione passa attraverso la sovranità
ebraica, non è completamente sbagliata”, ma “ne stiamo scoprendo
i limiti”. Come “il fatto che ogni identità, ogni gruppo di
vittime, ora cerca di cancellare l’altro”.
   
Contestualizzando al presente, “i poteri ora non sono
simmetrici”, prosegue Boehm, con “quello israeliano che prevale
e sostanzialmente cancella l’identità palestinese”, ma “in
termini di pensiero, i principi sono tali anche da una certa
parte palestinese. Molti sostenitori in Occidente la pensano
così, sono disposti a cancellare l’identità ebraica”.
   
Una politica basata sui “presunti diritti assoluti della
vittima – continua Boehm -, in contrapposizione al dovere
assoluto verso gli esseri umani, indipendentemente dalla loro
identità, è in gioco da entrambe le parti”. Da un lato, “molte
persone in Occidente non sono riuscite a ritenere Israele
responsabile per anni”, dall’altro “è vero che accusare di
antisemitismo chi mette in discussione il sionismo è una
cavolata. Ma è tutt’altro che una cavolata che l’altra parte
abbia di fatto legittimato completamente l’attacco ai civili
israeliani in quanto tale”.
   
Boehm è un sostenitore di una soluzione bi-nazionale che in
un altro suo libro chiama Repubblica di Haifa. La sua idea è che
vi debba essere una sorta di “federazione, in cui ciascuna parte
ha la propria autonomia nazionale fino a un certo punto”, con
“una Costituzione comune, che determini i princìpi minimi da
rispettare su tutto il territorio. Nessuno dei due parlamenti
avrebbe il diritto di creare norme che contraddicono la
nazionalità e i diritti individuali delle persone dell’altra
parte: questa è l’idea di base. Forse un fatto sorprendente è
che in realtà non è così lontano dal Piano di partizione della
Palestina delle Nazioni Unite del 1947”.
   
“Come non arriverà certo domani la soluzione a due Stati, non
ci sarà nemmeno la Repubblica di Haifa – afferma il filosofo -.
   
Ciò che la soluzione dei due Stati garantisce alla fine è la
sovranità nazionale. Per questo, le persone che la sostengono
accettano anche i crimini orribili commessi dalle loro nazioni
al fine di garantire quella sovranità”. Infatti, prosegue Boehm
nella sua riflessione, “l’8 ottobre non si sono sentiti i
sostenitori della soluzione dei due Stati parlare della
necessità di difendere le vite dei palestinesi come se fossero
le nostre. David Grossman, che ha detto a un giornale italiano
che si sta commettendo un genocidio, per due anni non ha
dichiarato nulla. Non ha nemmeno chiesto un cessate il fuoco.
   
Mentre io già l’8 ottobre ho detto che le vite dei palestinesi
devono essere protette come quelle degli ebrei e che dobbiamo
ritenere il nostro governo responsabile”.
   
In questi giorni si parla anche di Eurovision Song Contest e
del ritiro di alcuni Stati contrari alla partecipazione di
Israele. “Penso che Israele debba partecipare all’Eurovision –
sostiene -. Ci sono anche buone ragioni per cui potrebbe essere
escluso, semplicemente non penso che sia qui che si debba
intervenire. I Paesi dovrebbero esercitare il loro potere per
sottoporlo al diritto internazionale. Al tempo stesso, non penso
che il tentativo di escludere Israele sia antisemita o qualcosa
del genere, come qualcuno direbbe”.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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