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Banche, Azzone (Acri): “Fondazioni garantiscono stabilità. Campione europeo? Ci saremmo già dovuti arrivare”

di Redazione Espresso Italia
07/11/2025
Banche, Azzone (Acri): “Fondazioni garantiscono stabilità. Campione europeo? Ci saremmo già dovuti arrivare”

Il sistema bancario del Bel Paese si conferma un settore dinamico dove la solidità delle banche di sistema si intreccia con la forza delle realtà territoriali. Le Fondazioni di origine bancaria emergono come attori chiave: non solo azionisti pazienti, ma protagonisti di un modello che supera la semplice erogazione per diventare co-progettisti di politiche pubbliche e motori di sviluppo locale. Dalla trasformazione digitale a una visione più europea, il presidente di Acri (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio) Giovanni Azzone sottolinea come la capacità di innovare e collaborare sarà decisiva per il futuro del settore in Italia e oltre i confini nazionali.

Come valuta l’attuale stato di salute del sistema bancario italiano?

È un sistema bancario che ha una sua biodiversità importante. Abbiamo banche di sistema particolarmente forti e anche i dati sulla loro solidità a livello europeo lo confermano. Siamo anche dotati di un sistema di banche territoriali che assicura una coerenza con lo sviluppo dei singoli territori. Da questo punto di vista, azionisti pazienti come le fondazioni credo possano dare un contributo alla stabilità del sistema.

Quali sono le principali sfide che le Casse di Risparmio stanno affrontando?

Non rimangono molte casse di risparmio, ma quelle rimaste hanno una presenza territoriale molto forte. Godono della tradizionale capacità di unire una gestione del risparmio oculata e attenta, con una capacità di cogliere in modo puntuale le caratteristiche del proprio territorio di riferimento. Da questo punto di vista anche il fatto della revisione del protocollo Acri-Mef che offre una maggiore flessibilità nella possibilità di azione delle fondazioni, che sono più direttamente legate alle casse di risparmio, credo sia un utile contributo.

Desertificazione bancaria. Sempre più spesso mancano sportelli e banche di quartiere. Come si potrebbe risolvere la situazione?

Credo ci sia un tema importante di sostituzione dello sportello fisico con uno sportello digitale che non può essere dato per scontato. È importante agire sul livello di competenze della nostra popolazione, dei nostri concittadini, in modo tale che l’eventuale mancanza di uno sportello fisico sia comunque compensata da una capacità di accesso al credito significativa. La scelta però è dei singoli attori e noi come azionisti non possiamo intervenire su questo.

Quali collaborazioni o sinergie ritiene fondamentali per rafforzare il ruolo delle Fondazioni nel sistema economico nazionale?

Le fondazioni hanno una doppia necessità. Una prima che è quella di avere un quadro istituzionale coerente con il contesto in cui ci troviamo a operare, da questo punto di vista la revisione del sistema di governance, il cosiddetto protocollo tra l’Acri e il Mef, credo sia stata particolarmente utile proprio perché spinge verso un’ottica più di lungo periodo e rende solido il legame con il sistema bancario. Dall’altro, il fatto che le fondazioni, per avere un ruolo sul proprio territorio, devono riuscire sempre più a passare da un modello di tipo banco, di semplice erogazione, a un modello di co-progettazione delle politiche pubbliche in cui far lavorare insieme terzo settore, mondo del volontariato, pubbliche amministrazioni, imprese for profit, sistema bancario. Credo sia fondamentale una capacità di intervento di queste fondazioni di origine bancaria che hanno una capacità di parlare il linguaggio di soggetti diversi e si trovano in un ruolo potenzialmente importante di attori di base per costruire delle piattaforme filantropiche che consentano di intervenire sulle reali fragilità della nostra società.

Esistono piani o strategie per incrementare il ruolo di Acri a livello europeo o internazionale?

Stiamo lavorando all’interno di Filea che è l’associazione più ampia e più articolata degli enti filantropici a livello europeo. Siamo al lavoro anche in modo più puntuale con le grandi fondazioni perché credo che questo ci possa aiutare a intervenire in modo più proattivo all’interno delle politiche pubbliche di livello continentale e di livello europeo. Quindi sicuramente sì, è un tema non banale che richiede un po’ di tempo.

Nella bozza di manovra è prevista una “tassa”alle banche….

Non commento le leggi finanziarie finché non sono bollinate dalla Ragioneria di Stato e approvate dal Parlamento. Aspettiamo e vediamo.

Si parla di “campioni europei” nel settore bancario, vede necessaria la creazione di un “campione” che possa competere con le grandi banche internazionali?

Ci saremmo già dovuti arrivare, però nessuno ha la sfera di cristallo purtroppo. Ritengo che l’Europa sia l’attore che può competere a livello internazionale. Da un lato tanti dicono che servirebbero dei campioni europei, dall’altra parte ci scontriamo con una gelosia nazionale che vale nel settore bancario, ma anche in molti altri settori. Il tema vero è riuscire a passare da una voglia di mantenere un controllo a livello nazionale, a quella di sentirsi parte di un sistema europeo che possa competere con le grandi economie mondiali, come gli Stati Uniti ma sempre più anche la Cina.

Quali previsioni fa per il 2026 per il sistema?

Speriamo di rafforzare la capacità di incidere sul territorio. Non è un tema che dipende dal destino positivo o negativo, ma soprattutto dalla nostra capacità di focalizzare le risorse sulle fragilità significative di questo Paese.

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