Bisogna fare presto, perché la tregua a Gaza è fragile, e “in entrambi gli schieramenti” c’è chi rema contro. Sergio Mattarella lancia il suo monito accanto ad Abu Mazen, che nella due giorni a Roma ha lavorato per rafforzare il ruolo centrale dell’Anp nel futuro della Palestina e ha ricevuto conferme sul sostegno italiano sia dal presidente della Repubblica sia da Giorgia Meloni. Anche la premier ha insistito sulla necessità di procedere “rapidamente con la piena attuazione del Piano di Pace del presidente Donald Trump, anche attraverso il disarmo di Hamas che non potrà avere alcun ruolo nel futuro del popolo”.
Quella dei due Stati resta la prospettiva per l’Italia. È stato confermato al Quirinale e poi a Palazzo Chigi, dove Meloni e il suo ospite hanno passato in rassegna il picchetto d’onore della Marina tenendosi a braccetto. Un’ora di colloquio in cui è emerso pure che l’Italia, “anche sulla base delle priorità indicate dall’Autorità palestinese, sta lavorando a un pacchetto di aiuti umanitari e per la ricostruzione da presentare alla Conferenza su Gaza che l’Egitto intende convocare”.
Roma conferma l’impegno su Food for Gaza, corridoi universitari, formazione delle forze di polizia e sostegno all’Anp per le riforme. Ma non intende per ora inviare militari sul campo perché, come ha chiarito in questi giorni il ministro della Difesa Guido Crosetto, “nessuno è in grado di dare sicurezza assoluta”. Si attende il quadro che verrà definito dalla risoluzione Onu a cui stanno lavorando le diplomazie.
Gli sforzi per mantenere il cessate il fuoco e garantire gli ingressi di aiuti umanitari, ma anche il rilascio di prigionieri e ostaggi sono tra i temi affrontati da Abu Mazen con Mattarella, come riferisce l’agenzia palestinese Wafa. E il presidente dell’Anp ha ribadito l’impegno per le riforme e per elezioni entro un anno dalla fine del conflitto. Un processo in cui, ha spiegato, non avrà alcun ruolo Hamas, che è un movimento terroristico e dovrà consegnare le armi. “L’Autorità nazionale palestinese è un interlocutore assolutamente fondamentale per l’Italia e la comunità internazionale”, ha sottolineato il capo dello Stato, evidenziando la necessità di “procedere con grande concretezza per gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza e verso la creazione di due Stati”, attraverso “il disarmo di Hamas e il forte coinvolgimento dei Paesi arabi”.
Lo scenario mediorientale resta complicato, anche per la nuova ondata di attacchi israeliani in Libano. “Dobbiamo eliminare tutti quegli ostacoli che si frappongono alla soluzione dei due Stati due popoli”, il monito di Mattarella, che ha esortato a “fare presto per evitare che chi non vuole la pace, in entrambi gli schieramenti, possa riorganizzarsi: è indispensabile assecondare il piano di pace di Sharm el-Sheikh, mantenendo il rispetto del cessate il fuoco da ambo le parti. Le violenze allontanano la pace e la sicurezza per tutti, anche per Israele”.
Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, che a Roma ieri ha incontrato anche il Papa, al Quirinale ha condannato “guerra, odio e terrorismo”, garantendo sul desiderio del suo popolo di “vivere in un nostro stato accanto a Israele che abbiamo riconosciuto nel 1988 e nel 1993, con gli accordi di Oslo, come Stato e come territorio”. E chiarendo che “ora anche Israele deve riconoscere a sua volta il nostro Stato e il nostro territorio”. Rendere duratura la pace è il primo obiettivo. Poi l’intenzione di Abu Mazen è parlare “con tutti i Paesi arabi perché riconoscano lo stato di Israele”. E in quest’ottica va inquadrato l’incontro con i loro ambasciatori tenuto nella Capitale ieri sera dall’89enne leader palestinese, il cui erede designato Marwan Barghouti resta in carcere in Israele.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA









